Fonte: http://licpereyramele.blogspot.com/2011/06/defensa-continental.html
La creazione del Centro di Studi Strategici per la Difesa all’interno dello schema Unasur contribuisce a consolidare l’unione regionale
In un mondo dove è diventato naturale il vassallaggio delle sovranità nazionali verso le potenze egemoniche centrali, sembrava improrogabile la creazione di un organismo continentale dedicato agli studi strategici nel settore della difesa.
Appare semplice enucleare il problema chiave: il Sudamerica è un regione ricca di risorse naturali che stuzzicano l’appetito delle potenze egemoniche ed è reale, dunque, la necessità di preservarle.
Al fine di corroborare questa visione il direttore del nuovo Centro di Studi Strategici per la Difesa (Centro de Estudios Estratégicos para la Defensa, CEED), Alfredo Forti, ha sottolineato che « l’abbondante presenza di risorse naturali strategiche definisce la posizione sudamericana nel mondo e quando una risorsa è scarsa e possiede un qualche valore strategico per un altro attore, essa diviene strategica per chi lo possiede, anche qualora quest’ultimo non abbia i mezzi per il suo sfruttamento e consumo”.
Anche se nella regione uno scenario così definito affondi le sue radici indietro nel tempo, fino alla scoperta dell’America, la crescita smisurata degli ultimi 50 anni provocata dall’applicazione del neoliberalismo selvaggio ha portato i paesi più forti a praticare politiche di appropriazione spietate verso i paesi della periferia del mondo.
In tal modo si spiegano le invasioni di Iraq e Afghanistan e il perfezionamento in ottica semplificatrice di tale modalità d’azione in Libia, dove si è perso qualsiasi freno morale, cosicché non è stato ritenuto necessario garantire la benché minima giustificazione di facciata per legittimare le invasioni armate miranti a razziare paesi sovrani.
In questo frangente è necessario rendersi conto del fatto che si tratta solo di una questione di tempo prima che il Sudamerica diventi l’obiettivo di quelle potenze che dipendono talmente tanto dall’appropriazione di risorse altrui al punto da aver raggiunto livelli fantascientifici riguardo allo sviluppo dello strumento militare, essenziale per perpetrare tali saccheggi.
In questo scenario si inscrive la recente creazione della CEED all’interno dello schema Unasur.
Gli obiettivi iniziali del nuovo organismo si esplicitano nell’identificazione di quegli interessi che debbano essere difesi e sviluppare accordi che, da un piano teorico, convertano la difesa regionale in una realtà.
La creazione della CEED appare inevitabile in questo momento in cui i paesi del Sudamerica hanno avviato processi politici tendenti a disarticolare i meccanismi predatori ereditati dall’epoca coloniale e a favorire lo sviluppo sovrano delle loro comunità.
Tali processi politici sono accompagnati dalla creazione di istituzioni sovranazionali di carattere regionale e d’origine opposta allo storico “dividi e domina” che, praticato dalle potenze imperialiste, propugnava una molteplicità di nazioni deboli e facilmente influenzabili. Da questa concezione ottocentesca scaturirono la Guerra della Triplice Alleanze e quella del Chaco che hanno spazzato il Paraguay o quella del Pacifico che ha privato la Bolivia del litorale.
Parallelamente, rompendo il legame fraterno tra queste nazioni sorelle, tale concezione causò un sentimento di sfiducia reciproca e la creazione di Forze Armate autonome – ben lontane dallo spirito degli eserciti di liberazione plurinazionali di San Martín e Bolívar – che, di fatto, sono servite solamente come uno strumento di repressione verso quelle società che avrebbero dovuto proteggere e fortemente ostile nei confronti dei vicini.
Per questo la creazione della CEED rappresenta solo il primo passo lungo il percorso per giungere a una concezione centralizzata e olistica della Difesa continentale.
In questo senso, la Segretaria generale dell’UNASUR, María Emma Mejía, ha sostenuto che “L’unità regionale è al di spora delle divergenze” e il Ministro della Difesa argentino, Arturo Puricelli, continuando sulla stessa linea ha affermato che il nuovo organismo funzionerà come “una fucina di pensiero” per la difesa degli “interessi sudamericani”.
Non esiste un altro modo per farlo: in un primo momento, è necessario individuare gli obiettivi critici che possono entrare in conflitto. Successivamente, bisogna stabilire delle modalità condivise per difenderli e, infine, vanno creati gli organismi – tra cui forze armate unificate – capaci di portare avanti questi compiti.
Proprio quest’ultimo, forse, è il passaggio che appare più difficile da realizzare nel breve periodo poiché richiede l’abbandono di concezioni storicamente ben presenti all’interno delle forze armate dei paesi sudamericani e la loro sostituzione con un paradigma di progresso: una difesa sudamericana integrata.
In effetti, le lamentele di certi settori militari in Argentina circa la “distruzione materiale delle forze armate” o l’opposizione cilena al concedere l’accesso al mare per la Bolivia costituiscono alcuni esempi della convinzione che i paesi del sud siano ancora capaci di sostenere da soli la difesa della loro sovranità e sono funzionali al “vecchio dividi e domina” di stampo ottocentesco.
È sufficiente un esempio pratico per meglio comprendere la situazione sin qui delineata. Visto lo stato attuale delle cose, non vi è modo, per le forze armate argentine, di garantire da sole il controllo sulla Patagonia difendendola nei confronti del potenziale di quei paesi che la bramano e che, arrivato il momento, non faranno altro che prendersela. Stessa cosa varrebbe qualora si parlasse della capacità delle Forze Armate brasiliane di difendere l’Amazzonia.
Non appare neanche utile pensare a investire nell’ammodernamento ed equipaggiamento degli eserciti nazionali ognuno per conto suo. La fu Unione Sovietica all’epoca distrusse letteralmente la sua economia nella convinzione che fosse possibile sostenere una corsa agli armamenti allo stesso livello tecnologico e in competizione con le risorse disponibili per le potenze occidentali.
Presto o tardi, la necessità porterà alla creazione di un esercito unificato sulla base di una nuova ideologia che superi la divisione in nazionalità esistente, a vantaggio di una visione latinoamericanista che le allontani dal carattere mercenario delle forze armate dei paesi che auspicano l’imposizione dell’Impero Globale Privatizzato, ma che, allo stesso tempo, si dimostrino all’altezza della sfida di affrontarli.
Tuttavia, sarebbe ben altra cosa, vista la grandezza del progetto, pensare a uno sforzo continentale combinato e supportato nei suoi vari livelli di attuazione mirante a ostacolare qualsiasi pretesa di conquista, visto che, come sostiene Alfredo Forti, “l’estensione territoriale del Sudamerica, come unità geopolitica, ci posizionerebbe come il paese più grande del mondo con la terza economia su scala planetaria”.
Questo nuovo paradigma di difesa continentale – che fornisce nuova linfa alle forze armate dei paesi della regione – ha ricevuto un ulteriore riconoscimento dalla creazione presso Warnes – dipartimento di Santa Cruz de la Sierra, Bolivia – della Scuola di Difesa e Sicurezza dell’ALBA (Escuela de Defensa y Seguridad del Alba, EDSA), un istituto di formazione di quadri militari sganciati dalle formule militari imposte da Washington.
AL riguardo la Ministra di Difesa della Bolivia, María Cecilia Chacón, ha sintetizzato l’obiettivo della nuova istituzione affermando che essa servirà a “formare leader militari e civili orientati verso la Difesa e la Sicurezza integrate e definirà il nuovo ruolo delle Forze Armate dei paesi dell’ALBA”.
Anche durante l’inaugurazione della EDSA il presidente Evo Morales ha chiesto al personale militare presente di istituire corsi di formazione nelle loro Armi d’appartenenza per evitare l’indottrinamento ideologico di stampo statunitense.
Un nuovo potere militare regionale dovrebbe anche essere al servizio di una gestione centralizzata ed essere eseguito da militari che dominino la dottrina, conoscano le tattiche e l’equipaggiamento comune e che siano immersi in una atmosfera ideologica nuova che potrà essere garantita solamente da un ambiente anch’esso condiviso.
Riassumendo, il compito di mettere in pratica la difesa implica la fondazione ex novo di tutti gli organismi che attualmente si occupano di tale attività ognuno per conto suo e richiede l’educazione centralizzata dei cittadini sudamericani che scelgano la carriera militare per vocazione.
La divisione regionale delle visioni strategiche statunitensi plasmate secondo le dottrine di “sicurezza nazionale”; o la “lotta al narcotraffico” e la vecchia “difesa dal comunismo” inscritte nel Plan Colombia; l’iniziativa Merida o il Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR) e la sua sostituzione con dottrine che sostengano l’Unione Latinoamericana: queste sono le questioni che configurano la grande sfida.
(Trad. di F. Saverio Angiò)